Il mercato automobilistico italiano continua a mostrare segni di contrazione, sebbene con un ritmo più moderato rispetto ai mesi precedenti. Ad agosto 2025, i dati ufficiali evidenziano un calo del 2,7%, mentre la situazione occupazionale nel settore desta preoccupazione a causa dei tagli operati da Stellantis.
Andamento delle vendite: una flessione contenuta
Secondo le ultime rilevazioni, ad agosto 2025 sono state immatricolate 67.272 nuove autovetture, registrando una diminuzione del 2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il dato complessivo per i primi otto mesi del 2025 si attesta a 1.040.734 unità, con una flessione del 3,7% in confronto al medesimo periodo del 2024. Sebbene il trend rimanga negativo, la velocità del calo sembra essersi attenuata, suggerendo una possibile stabilizzazione del mercato.
I modelli e i marchi più apprezzati dagli italiani
La classifica dei modelli più venduti vede ancora una volta la Fiat Panda in testa, un primato che detiene incontrastata da anni. Segue a ruota la Dacia Sandero, che continua a riscuotere un notevole successo tra gli acquirenti. Un nuovo protagonista si affaccia con decisione nel segmento dei crossover compatti: il Jeep Avenger. Il suo rapido successo dimostra come un prodotto innovativo possa stimolare l’interesse dei consumatori anche in un contesto di mercato cauto.
Per quanto riguarda i marchi, Fiat si conferma leader, forte di una gamma di veicoli ben radicata nelle preferenze nazionali. Al secondo posto si posiziona Toyota, scelta privilegiata da chi cerca affidabilità e durata nel tempo. Volkswagen completa il podio, portando sulle strade italiane il suo mix di qualità costruttiva e comfort di guida. Si nota un riassetto nelle posizioni di vertice: Dacia, precedentemente una presenza fissa tra i primi, scivola al quarto posto, superata proprio da Volkswagen. Questo cambiamento evidenzia una competizione sempre più serrata e una sottile evoluzione nei gusti degli automobilisti italiani.
Affidabilità e preferenze: il dominio dei SUV
I crossover di medie dimensioni rimangono tra i segmenti più richiesti, grazie alla loro versatilità e praticità nell’uso quotidiano. Una recente classifica pubblicata da Consumer Reports, basata su affidabilità, sicurezza e impressioni di guida, ha delineato i modelli di riferimento.
Nel segmento dei SUV generalisti a due file di sedili, il Toyota Crown Signia e il Subaru Outback condividono la prima posizione. Il modello Toyota si distingue per il design e il comfort, mentre il Subaru eccelle nelle capacità fuoristrada. Tuttavia, il Crown Signia ha mostrato un’affidabilità superiore del 10%, un fattore spesso decisivo per l’acquisto. Tra i SUV generalisti a tre file, il Toyota Highlander Hybrid e lo Hyundai Santa Fe Hybrid guidano la classifica.
Nel segmento premium, il Lexus RX Hybrid si impone tra i modelli a due file, superando il BMW X5 del 10% in affidabilità. Tra i SUV di lusso a tre file, i Lexus GX e LX primeggiano per robustezza, confermando la reputazione di Toyota, Subaru e Lexus come produttori di SUV estremamente affidabili.
Il caso Stellantis: tagli al personale e futuro incerto
In questo scenario di mercato complesso, emerge la questione occupazionale legata a Stellantis. Secondo un’inchiesta del sindacato FIOM, il gruppo automobilistico ha ridotto il proprio organico in Italia di oltre 9.600 persone in quattro anni, passando da 37.288 a 27.632 dipendenti tra il 2020 e il 2024. Il sindacato ha definito questa strategia una “grande fuga” dal paese.
La riduzione del personale è avvenuta principalmente tramite uscite volontarie incentivate e prepensionamenti. Nello specifico, i tagli dichiarati sono stati di 3.700 unità nel 2024 e 2.352 nel 2025, per un costo di ristrutturazione totale di 777 milioni di euro. Parallelamente, la produzione di veicoli negli stabilimenti italiani è diminuita di 520.798 unità in vent’anni.
Il sindacato ha sottolineato l’urgenza di nuovi investimenti per rilanciare la produzione e l’occupazione nel settore automobilistico italiano, chiedendo un intervento deciso da parte del Governo per definire politiche industriali a sostegno di un comparto strategico per l’economia nazionale.